Jacques-Martin Hotteterre “le Romain” (1680-1761)
Sonates en Trio Œuvre Troisième (1712) 

Jean-Henri D'Anglebert (1628?- 1691)
Trascrizioni per cembalo da J. B. Lully (da Pièces de Clavecin […] avec diverses Chaconnes, Ouvertures et autres Airs de Monsieur de Lully - 1689) 

 

Les Eléments

Piero Cartosio, Natalia Bonello flauti traversieri

Basilio Timpanaro clavicembalo

Roberto De Santis viola da gamba

Gian Luca Lastraioli tiorba, chitarra barocca

 

Hotteterre:  Sonata II in Re maggiore
Prelude - Courante - Grave - Gigue
D’Anglebert:  Chaconne de Galatée
Hotteterre:  Sonata IV in Mi minore
Prelude - Fugue - Grave - Gigue
D’Anglebert:  Ouverture de Cadmus
Hotteterre:  Sonata VI  in  Sol maggiore
Prelude - Fugue - Grave - Vivement
D’Anglebert:  Chaconne de Phaeton
Hotteterre:  Sonata III  in Si minore
Prelude - Fugue - Grave - Vivement
Hotteterre:  Sonata V  in La maggiore
Prelude - Courante - Sarabande - Legerment
Hotteterre:   Sonata I in Sol minore
Prelude - Fugue - Grave ­- Gigue
D’Anglebert:  Air d’Apollon

D’Anglebert: Passacaille d'Armide

 

 

RECENSIONI

 

 

Les Eléments


Le trascrizioni da Lully di J. H. d'Anglebert  (di Basilio Timpanaro)

 

Più vecchio di Hotteterre di qualche decennio, Jean-Henri d’Anglebert si mantiene ancora nel solco del più esemplare stile barocco francese seicentesco, rappresentandone anzi, in campo cembalistico, il frutto più maturo; egli dà vita nelle sue Suites ad uno stile sfarzoso ma sempre sotteso da una espressiva tensione armonica, nutrito di maestria contrappuntistica e caratterizzato da estrema ricchezza e complessità di tessitura e di ornamentazione. La sua produzione rappresenta ai più alti livelli il classicismo ad un tempo elegantemente austero ed espressivo del Grand Siècle. E tuttavia, nonostante le differenze stilistiche dovute anche a ragioni anagrafiche, molti elementi accomunano la biografia e l’opera dei due musicisti: entrambi operarono alla Corte di Louis XIV ottenendo il titolo di musicien de la chambre du Roy ed entrambi furono fortemente influenzati da colui che è universalmente considerato il creatore di un modello culturale musicale francese, alternativo e predominante rispetto a quello italiano: Jean-Baptiste Lully, Surintendant de la Musique de la Chambre du Roi. L’ammirazione e l’omaggio di d’Anglebert per Lully si espliciterà, oltre che nella sostanza stilistica della sua musica originale per cembalo (Pieces de clavecin, 1689), nelle trascrizioni che egli farà di brani orchestrali tratti dalle opere (Ballets de cour, Comédies-ballets, Tragédies en musique) di quel musicista: Acis et Galatée, Armide, Atys, Cadmus et Hermione, Phaeton, Proserpine, Roland, Le Triomphe de l'amour. Nella prefazione alla sua pubblicazione, riferendosi a Lully, d’Anglebert dirà: “ I’y ay joint quelques Airs de Monsieur de Lully. Il faut avouer que les ouvrages de cet homme incomparabile sont d’un gôut fort supérieur à tout autre. Comme ils réussissent avec avantage sur le clavecin, j’ai cru qu’on me saurait gré d’en donner ici plusieurs, de différents caractèrs”. Egli, diversamente da come faranno molti trascrittori di brani orchestrali del secolo seguente, non punta ad una trasformazione degli originali nel senso del virtuosismo tastieristico ma cerca di adattarli alle risorse sonore e di scrittura tipicamente cembalistiche in maniera da mantenerne o perfino accentuarne le risorse espressive. E del resto la scrittura sarà comunque densissima, sia per la necessità di compendiare sulla tastiera le cinque parti dell’orchestra lullista, sia per la profusione di abbellimenti, tipica di tutta la sua musica, ma qui ancor più ricca. A dimostrare la grande considerazione che anche Hotteterre nutrì per Lully è il continuo riferimento alla sua autorità in L'art de préluder sur la flûte traversière (1719), attraverso la frequentissima citazione di esempi musicali tratti dalle opere di quello allo scopo di mostrare e illustrare le diverse problematiche interpretative dello stile strumentale francese. E molti di quegli esempi si riferiscono proprio a quegli stessi brani strumentali di opere di Lully (come la Chaconne de Phaéton o la Passacaille d’Armide) dalle quali d’Anglebert aveva tratto le sue versioni per cembalo. Brani che, proprio per questa strettissima affinità stilistica e spirituale, abbiamo voluto affiancare in questo disco alle Sonates di Hotteterre.

 

 

Le Sonates en Trio di Hotteterre (di Marcello Castellani)

 

A sette anni di distanza dalla pubblicazione delle Sonates en Trio pour la Flûte Traversière di Michel de la Barre, appaiono nel 1712 presso l’autore e l’editore parigino Foucault le Sonates en Trio pour le Flûtes traversières, Flûte à bec, Violons, Hautbois, etc. œuvre troisième di Jacques Martin Hotteterre le Romain. Dedicate a «Monsigneur le Duc d’Orleans», esse testimoniano il favore particolare goduto dall’autore alla corte di Francia, del resto già precedentemente rivelato dalla dedica al re Ligi XIV del Premier livre de Pièces puor la Flûte traversière (œuvre deuxième, Paris, 1708). All’importanza del dedicatario e ‘protettore’ non è probabilmente estranea l’ accurata veste editoriale dell’opera, prima fra le raccolte fra le Sonate in Trio per due Flutes traversières a essere incisa su lastra anziché composta con i più economici caratteri mobili. Pur rifacendosi a innegabili ascendenti italiani (Corelli) e francesi (de la Barre) Hotteterre dà prova nelle Sonates en Trio di indubbia originalità, tanto nella scrittura estremamente limpida ed essenziale, quanto nel linguaggio strumentale dove leggerezza ed eleganza francese si fondono con il virtuosismo di derivazione italiana. Rispetto a de la Barre, nel quale spesso i confini fra stile italiano e francese appaiono ben delimitati, talvolta in aperta opposizione, Hotteterre ha il dono di saper smussare e minimizzare i contrasti fra i due stili, adattando abilmente i modelli italiani al diverso ambiente culturale e provvedendoli di una forma nuova nella quale tuttavia la struttura originaria viene a essere perfettamente integrata. Ciò è reso a nostro avviso per le effettive strutture portanti della Sonata da chiesa che per secondari particolari decorativi e contingenti; egli si dimostra infatti particolarmente ricettivo verso le qualità più astratte di un genere musicale in grado di permettere una costruzione formale rigorosa, autosufficiente e razionale. In questo senso il contatto con la cultura italiana si rivela particolarmente fecondo, spingendo Hotteterre verso un linguaggio più contenuto e meditato, nuovo e talora in aperto contrasto con la sua produzione precedente; a differenza delle Suite de pièces dell’opera seconda, estremamente polimorfe, le Sonates en Trio sono all’opposto caratterizzate da una costante forma quadripartita ove i singoli costituenti si trovano in un rapporto conseguente e inalienabile. A parte la costante successione tempo veloce-tempo lento- tempo veloce-tempo lento, molto importante appare la presenza in quasi tutte le Sonates di un terzo movimento grave in 3/2 che costituisce una sorta di intermezzo fra i due tempi veloci, rappresentando forse uno dei tratti più inconfondibili della Sonate di Hotteterre. Non a caso anche in ambedue le Sonates del Duexième livre de Pièces pour la Flûte -traversière œeuvre cinquièsme (Paris, 1715) ritroveremo un analogo grave in 3/2, pur se inserito in un contesto del tutto differente. Formazione Come in de la Barre, il rapporto con le forme musicali italiane non può in Hotteterre non avere una qualche influenza sul linguaggio tecnico-espressivo della flûte traversière; ne consegue infatti uno stile strumentale meno patetico che tende talvolta a farsi del tutto astratto dal punto di vista degli affetti. Un esempio importante ci sembra la fugue della terza sonata in si minore con la sua successione di accordi arpeggiati, la quale ben evidenzia come il nostro autore avesse compreso e imitato il caratteristico procedimento italiano nel quale la melodia è direttamente derivata da una preesistente base armonica.